Page 8 - RIVISTA NOIQUI MARZO 2023
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che Egli venisse in questo mondo, era stata pensata ed organizzata in modo tale che si conclu-
IL VANGELO E LA VIOLENZA desse con la crocefissione, come poi è avvenuto. Partendo da queste considerazioni si deduce
Il titolo di questo articolo può sembrare in contraddizione con il contenuto universalmente che non fu Gesù a decidere in libertà, essendo la vittima sacrificale offerta a Dio. Nell’ambito
riconosciuto del messaggio evangelico, basato sull’amore per il prossimo, soprattutto per i di una riflessione puramente storica, un aspetto tutt’altro che trascurabile è la morte in croce,
propri nemici, e sul perdono. Basti pensare alle beatitudini, soprattutto la settima “beati gli un evento brutale consistente in dolori inimmaginabili, che i romani riservavano solo ai servi e
operatori di pace”, o al nuovo comandamento “non fare agli altri quello che non vorresti ai sobillatori. Da quanto ci racconta l’evangelista Giovanni, sembra che i sommi sacerdoti insi-
fosse fatto a te” ovvero “ama il prossimo tuo come te stesso” o “porgi l’altra guancia” che stettero molto su questo tipo di morte per il suo valore simbolico, che sottolinea il concetto di
ribaltano completamente il concetto della vendetta “occhio per occhio, dente per dente”. Tut- sovversivo e per il carattere umiliante. È probabile che se Gesù non avesse subito un’esecuzione
tavia, nonostante ciò, la narrazione del Vangelo contiene molti episodi che non possiamo non così crudele, ma un altro tipo di condanna, il messaggio evangelico non avrebbe avuto tanta
definire di violenza agita, fino ad arrivare al racconto finale, assai crudo, della tortura e della forza e diffusione. Ancora una volta dobbiamo costatare come la narrazione del male (in questo
morte in croce. Un passo che ha fatto molto discutere i teologi è quello che riguarda l’arresto caso la crocifissione) ha la suggestione della potenza anche se, nella fattispecie, ha costituito il
di Gesù dopo l’ultima cena. Già dopo l’istituzione della eucarestia, evento di alta spiritualità, megafono del bene.
nel capitolo 22 di Luca, Gesù dice ai discepoli «Procuratevi le spade e chi non ce le ha venda il
mantello e ne compri una». L’episodio dell’arresto è descritto con particolari diversi da tutti e
quattro gli evangelisti. Riporto ancora quanto raccontato da Luca sempre nello stesso capito-
lo. (Lc 22, 47 – 53) “Mentre parlava ancora, ecco una turba e colui che si chiamava Giuda, uno
dei dodici la precedeva, e si accostò a Gesù per baciarlo. Ma Gesù gli disse: «Giuda tradisci tu
il Figlio dell’uomo con un bacio?» E quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per succe-
dere, dissero: «Signore percoteremo noi con la spada?» E uno di loro percosse il servitore del
sommo sacerdote e gli spiccò l’orecchio destro. Ma Gesù rivolse loro la parola e disse: «La-
sciate, basta!» E toccato l’orecchio di colui lo guarì”. Giovanni, sicuramente testimone oculare
dell’evento, ci dice che il discepolo autore dell’atto di violenza era Pietro e il servo si chiamava
Malco. Questo racconto lascia sicuramente perplessi e si presta a diverse riflessioni. Innanzi-
tutto, ci fa pensare che alcuni discepoli erano armati. Sappiamo che al seguito di Gesù vi erano
degli Zeloti, uomini decisi a tutto, senza paura, armati con un pugnale corto detto sica (da cui
il termine sicari), nascosto sotto il mantello, pronti a colpire ed uccidere. Uno di questi era
sicuramente Simone lo Zelota ma, secondo alcuni studiosi, anche Pietro apparteneva a questa
categoria. Il teologo Vito Mancuso fa notare che l’atto di staccare un orecchio può avvenire
solo in un contesto di lotta tra due gruppi, quelli che seguivano Gesù ed i servi del grande
sacerdote, e con l’intenzione di uccidere. Altro episodio di violenza è quello raccontato da
Giovanni “Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore e colombe e i cambiavalute
seduti. Fatta una frusta di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi, sparpagliò
il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole”. La presenza dei mercanti nel tempio era dovu-
ta al fatto che molti pellegrini, giunti lì da lontano per la Pasqua ebraica, avevano difficoltà a
portare con sé gli animali per il sacrificio, che quindi dovevano comprare sul posto pagando
con la valuta locale, dal che la presenza dei cambiavalute. Pertanto, i sacerdoti permettevano
un simile mercato, non considerandolo una profanazione del tempio e probabilmente rice-
vendone un compenso.
Tuttavia, è nel racconto della Passione l’estrinsecazione più crudele della violenza che colpisce
dal punto di vista della sofferenza fisica, e ancor più nell’ambito dottrinale. Per quanto riguar-
da il primo punto, la descrizione del supplizio di Cristo è raccontata con dovizia di particolari
e toni forti capaci di coinvolgere il lettore, soprattutto colui che ha fede, e di indignarlo nei
confronti delle autorità romane ed ebraiche. Il discorso è ancora più complesso se affrontato
dal punto di vista dottrinale. Questo aspetto è stato approfondito in modo egregio da Josè
Maria Castillo, teologo spagnolo che, per le sue posizioni critiche nei confronti della Chiesa, fu
allontanato dall’insegnamento per poi essere riabilitato da papa Francesco. Egli ha affrontato
il problema della teologia della Croce dove convergono i temi del sacrificio e dell’espiazione
per cui, come afferma Paolo nella lettera agli Ebrei “senza spargimento di sangue non esiste
perdono” (Eb 9,22). Castillo osserva che se l’interpretazione che diamo della vita e della storia
di Gesù si incentra sul ruolo della “vittima” che la teologia ha a Lui assegnato, né consegue
che Gesù fu un uomo “programmato” da Dio e per Dio. Tanto che la sua vita, prima ancora
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