Page 15 - RIVISTA NOIQUI NOVEMBRE 2023
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MARIA RITA cuccuRuLLO  cARmELITA cARusO




 La mente fa un passo indietro            La ragazza prodigio del 1500


 È quando senti il profumo della vecchiaia sulla pelle, il tempo dentro gli occhi di chi ami che

 un nodo ti stringe la gola.                          Una delle prime artiste riconosciute

 Un dolore che urla impotenza. Un cammino lento verso una progressiva forma di abbandono
 della vita attraverso il rallentamento di passi, parole, sguardi, affetti.   Fede Galizia, artista prodigio, una delle prime donne alle quali fu riconosciuto il diritto di

 È allora che la mente fa un passo indietro, raccoglie respiro per ritrovare la forza e andare avan-  dipingere.

 ti attraverso la consapevolezza di regressioni inevitabili e la dolcezza malinconica di un presen-  Iniziò la sua carriera come miniaturista e creatrice di gioielli e abiti, nella bottega del padre
 te difficile perché vedi sgretolare delle certezze, vissuti che hanno accompagnato percorsi di   Nunzio, anch’esso artista molto noto come miniaturista, artigiano e costumista dell’epoca,

 crescita importanti. Loro, i nostri cari, le generazioni di ieri.   da cui apprese tutto sulla pratica incisoria. Ancora bambina produsse già disegni e ritratti

 I loro esempi, il loro prezioso baluardo di esperienze, la loro significativa presenza. Il nostro   notevoli, che denotavano grande attenzione ai dettagli.
 rassicurante mondo affettivo. Il loro andare lentamente fa male. Il loro spegnersi nei giorni, i   Fede viene descritta come schiava e riservata, ma tanto era il suo successo che ottenne com-

 sogni appassiti, le loro difficoltà quotidiane, la loro vulnerabilità, le loro abilità fisiche e mentali,   missioni di norma affidate solo agli uomini.

 le loro autonomie rappresentano realtà dure da accettare.   Le sue doti di artista attirarono presto l’attenzione dell’aristocrazia milanese, spingendola a
 Condizione che impatta in maniera significativa sulla nostra sfera emotiva. Una sorta di distac-  cimentarsi con il primo dei suoi quattro dipinti sul tema biblico di Giuditta che, imperturba-

 co da una parte di noi.  bile, esibisce, su un vassoio, la testa decapitata di Oloferne (“Giuditta con la testa di Olofer-

  Aprire gli occhi e renderci conto di dover accettare l'evoluzione negativa di certe situazioni, i   ne” del 1596).
 cambiamenti ed i nuovi adattamenti non è facile.   L’artista aveva solo diciotto anni. In tutto il mondo, esistono solo tre versioni originali del

 Ci rendiamo conto di come passa il tempo e di quanto la vita sia prodiga di ricchezze ed inse-  quadro, conservate al Regling Museum of Art di Sarasota, alla Galleria Borghese di Roma e

 gnamenti che aiutano a crescere, maturare, elaborare, rassegnarsi.   l’ultima a Milano in una collezione privata.
 Il patrimonio immenso della nostra vita raccontato attraverso i vissuti di chi amiamo, di chi,   Il quadro rappresenta una delle scene bibliche più riprodotte dagli artisti – sia italiani che

 nostro malgrado, lentamente si allontana da noi.   esteri – la storia di Giuditta che taglia la testa di Oloferne.

 E lo fa in punta di piedi, nella fragilità della sua esistenza, spesso anche nell'offuscamento della   A  differenza  della  maggior  parte  delle  rappresentazioni,  Galizia  si  concentra  soprattutto
 mente, in un appiattimento di pensieri e funzioni cognitive.   sull’abbigliamento e sui gioielli dell’eroina.

 Un senso di solitudine devastante. Assistere al progressivo incalzare del deterioramento sotto   L’abbondanza di dettagli che caratterizzano l’abito di Giuditta, ci fa pensare ad un livello di

 tutti i punti vista un po' svuota le nostre esistenze. Lo sradicamento da quel senso forte di ap-  bravura e attenzione non indifferente.
 partenenza si fa strada nei giorni, nel tempo.   In una mano – quella posizionata nell’angolo in basso a sinistra – Giuditta tiene una spada,

 Occorre fare i conti con l'amarezza di realtà nuove in cui gli sguardi assenti, i ricordi azzerati,   su cui è inciso il nome della pittrice e la data di realizzazione del quadro. Con l’altra mano,

 la labilità dei sorrisi sovrastano il quotidiano e quella fetta gigante rappresentata dal mondo   invece, tiene con fermezza la testa di Oloferne, dimostrando la propria sicurezza e orgoglio.
 fantastico del passato coi suoi pilastri, modelli e riferimenti di vita, lascia il posto allo spirito di   In una delle versioni galiziane del racconto biblico, sicuramente la più nota, la sua firma è in-

 conservazione, di rivalutazione e attaccamento a valori forti, radicati nel tempo.   cisa nella spada utilizzata da Giuditta per portare a termine la sua missione sanguinaria. Non

 Patrimonio inestimabile di affetti ed esempi di vita che si tramanda attraverso generazioni e   a caso, molti storici dell’arte considerano il quadro una sorta di autoritratto della pittrice.
 lascia tracce profonde dentro ognuno di noi. Lasciando andare i nostri cari, forse lasciamo an-  Non sappiamo se sia vero o meno, ma non possiamo fare a meno di riconoscere l’abilità della

 dare anche un po' di noi.  pittrice nel rappresentare nel dettaglio la scena.

 Maria Rita Cuccurullo  Il realismo traspare non solo dai gioielli e dall’abbigliamento, ma anche

                Dallo sguardo impassibile che attraversa il volto di Giuditta e il bellissimo movimento della

                tenda rossa che fa da sfondo all’opera.
                Mentre la sua fama cresceva nel capoluogo milanese e non solo, soprattutto

                a inizio del Seicento, la vita privata di Fede Galizia restava un mistero.

                Quasi sicuramente restò nubile e pare che abbia vissuto insieme alla sorella e alla cugina pres-
                so la casa del padre.

                Contemporanea di Caravaggio, condivise con lui una grande attenzione (quasi carnale) all’om-

                bra, alla luce e ai dettagli.
                In particolare, Fede Galizia riuscì a dosare i vuoti e le assenze nelle sue composizioni, crean-

                do un senso di profondo equilibrio.

                Lo stesso si può dire delle nature morte, realizzate con grandissima maestria: guardandole,
                la sensazione è che si possa allungare la mano e toccare il frutto, afferrarlo e tirarlo fuori dal

                dipinto senza disturbare il resto del lavoro.

                I suoi accostamenti aggraziati e vibranti hanno ancora oggi una qualità poetica e spontanea.
                L’artista era, in un certo senso, “ambasciatrice” del Made in Italy ante litteram.
 SANDRA GHEDI




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