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LO SPAZIO DEI PICCOLI
sava imperativo... dacché non avesse a romperle! Inverosimilmente, ubbidì. Onde per cui,
inebriata dal profumo floreale e tastando qua e là (oltretutto, pungendosi le dita con le
spine acuminate, sparse sui gambi delle rose, ma stando zitta zitta dietro il timore di esse-
re redarguita), prese ad aggirarsi per quel paradiso, dove la tentazione di toccare gli insetti
in questione, sorprendentemente attraenti e svolazzanti, era effettivamente forte; nono-
stante ciò, la mano destra tratteneva la sinistra e viceversa. Infine, fu proprio contenta di
avercela fatta! Rientrata tra le mura della residenza e terminato il prelibato pranzo, si alzò
con il proposito di andare a lavarsi la bocca imbrattata di cioccolato, come suggeritole
innanzi dalla nonna. Però, allorché tornò indietro, denotò i grandi intenti a conversare del
più e del meno: sul tempo, sul lavoro, sulla salute in generale; lei si sarebbe enormemen-
te annoiata ad ascoltarli. Probabilmente, si sarebbe perfino addormentata! Così, quatta
quatta, senza dare a vedere che era retrocessa sui propri passi e senza far capire che si sta-
va allontanando nuovamente, andò a scoprire quanto di segreto c’era in giro per la casa.
Non per niente, l’additavano a curiosa! Fruga qui e fruga là, non c’era nulla di importante
che rapisse il suo interesse, fintantoché, in camera dei nonni, aprendo ogni cassetto con-
tenente magliette, fazzoletti e indumenti vari, non si avvide di qualcosa che attirò la sua
attenzione, internamente a un astuccio di velluto nero che prese al volo! Chissà che cosa
avrebbe detto il nonno, se fosse stato lì! Cacciò in fretta quel fastidioso pensiero... non
lo gradiva affatto! D'altronde, le piaceva davvero tanto tale astuccio; chissà che cosa c'era
dentro! Lo agguantò in mano, lo rigirò più volte, lo socchiuse appena appena: spuntava
un oggetto indefinito... Alzando poi le spalle, si decise: “Lo apro. Che vuoi che mi suc-
ceda!” E così andò. Ne fece capolino una penna, dal triste aspetto vecchio. Era dissimile
da quelle conosciute e si evidenziava una stranezza, un vero controsenso: ovverosia, era
dotata di uno sgargiante pennino, apparentemente d’oro. La prese fra le dita, l’alzò verso
i suoi occhi, la rimirò... stranita. Ruotandola, il pennino emanava bagliori luccicanti. Sem-
brava fosse nuovo, mai usato prima, così stupendamente suggestivo!
All'improvviso, un rumore le carpì l’udito. “C’è qualcuno!”, constatò d'acchito, senza
riuscire a riporre in tempo nel cassetto quel che poco prima aveva trovato.«Ciao, non-
no...», pronunciò titubante, vedendosi scoperta, con la vocina più innocente che potesse
fare.«Che cosa stai facendo? Chi ti ha dato il permesso di frugare in giro? Lo sai che non
è bello!» «Sì, nonno... Scusa, però mi stavo annoiando di sotto e quasi addormentando e
allora... volevo fare un sonnellino sopra il letto. Ma vedi... Era un richiamo, quel cassetto
aperto!»; una bugia... mai detta così bene in vita sua! Pareva fosse vero!
«Eh, Curiosetta, non cambi mai. Va bene, ti perdona il nonno; lo sai che non potrei mai
farti il broncio. Te ne approfitti, bimba mia. Suvvia, vieni qui, che ti racconto la storia di
ciò che stavi rimirando: c’era una volta un bimbo bello e bravo, che rispondeva al nome
di Rinaldo. Aveva la tua stessa età. Ebbene, nel paese dove viveva sussisteva una scuola,
cionondimeno, molto distante dalla di lui abitazione e, cosicché raggiungerla quotidiana-
mente, era solito percorrere, da solo, il tragitto estremamente lungo dentro il bosco, sia
che splendesse il sole sia che piovesse a catinelle e, ancora, che nevicasse e fosse costretto
a sprofondare nel gelo della neve a intirizzirsi!» «Nonno, se doveva camminare tanto, la
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periodico mensile del gruppo NOI