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ragione per cui il tratto risultava ancora buono.
Usava la sua penna con mano lieve lieve.» «Anch’io, le mie...»; accennò, dianzi a frenare
la frase all’istante, dirimpetto allo sguardo ombrato del nonno. Dopodiché, aggiunse:
«Scusa nonno, non ti interrompo più. Vai avanti...». «Dicevo... Si trattava della cosa più
importante che avesse e, senza di essa, si sarebbe sentito inutile. Un brutto giorno, però,
nonostante avesse rovistato nel proprio sacco, non la trovò. Era disperato! La cercò dap-
pertutto: nel ripiano sotto al banco, per terra e in ciascun angolo dell’aula; sbirciò sia sui
banchi dei compagni sia tra le loro mani. Indi uscì nel corridoio, presumendo che gli
fosse caduta entrando in aula. Niente, non la trovava! Dal dispiacere, sotto lo sguardo dei
compagni che, ridendo e urlando a squarciagola, approfittando di un attimo di assenza
del maestro, lo canzonavano, scoppiò addirittura in lacrime. Mogio mogio, rincasò anco-
ra con gli occhi lucidi di pianto. Non riusciva a capacitarsi di dove fosse finita.» «Povero
Rinaldo, nonno...», soggiunse, Curiosetta, sconsolata. «Sì, cara; poveretto, era un’anima in
pena. Tant’è che, il giorno dopo e negli altrettanti a seguire, il suo banco restò vuoto e i
compagni se ne chiesero la motivazione.» «Ah, pure! Scommetto che erano stati loro a
rubargliela!», sbottò, tutta adirata. «Hai fatto centro, era stato proprio uno di loro. Non
appena entrati in classe, nel momento in cui Rinaldo era intento a osservare il cielo dalla
finestra, dato che la cupa coltre di nubi, promettendo pioggia, gli causava la greve preoc-
cupazione di doversi inzuppare peggio di un pulcino, durante il percorso verso casa, un
compagno, con un movimento fulmineo, la estrasse dal suo sacco di tela, per poi infilarla
dentro il proprio, all’insaputa di lui che non si era accorto di nulla.» «Che brutto defic...»
«Non dire parolacce, Anna!», la rimproverò, il nonno. «Scusami... ma lo era, nonno!»
«Devo ammettere che hai pienamente ragione. Sicché Rinaldo, essendosi ammalato, non
fece ritorno a scuola. L'immane tristezza per la penna perduta l’aveva scaraventato in una
terribile depressione, a causa della quale i suoi cari, non sapendo come comportarsi, si
sentivano impotenti e altamente avviliti. Rifiutava di nutrirsi, nonché di dissetarsi, persino
di fronte alle implorazioni della sua mamma, la quale, a malapena, riusciva a fargli in-
ghiottire qualche cucchiaio di minestra e mezzo bicchiere d’acqua al giorno; oltretutto,
scottava per la febbre; e loro, pur sprofondati nell'assoluto sconforto, non possedevano
neppure il denaro o un qualsivoglia genere di bene, corrispondente alla parcella del me-
dico condotto, che eventualmente si fosse recato al loro domicilio allo scopo di visitarlo.
Erano persone di umile casta, purtuttavia possedevano un grande orgoglio. Non rimane-
va loro che confidare nell'aiuto di Dio Padre.» «Povero Rinaldo... Sigh... Sigh...”; immagi-
nandolo, Anna era sul punto di piangere. «Cara... vuoi che interrompa qui?» «No, no,
nonno... Continua pure...» «Un giorno di quelli, la sua mamma si recò dal maestro per
dirgli che non sarebbe più rientrato a scuola. Alle sue domande, la povera donna scoppiò
in un pianto dirotto e lui si arrabattò a consolarla come poteva. Lei gli raccontò che il
proprio figlio, nel sonno, delirava spesso alludendo alla sua penna scomparsa. Indi accad-
de che, allorché andò via, ancora singhiozzando, il docente, scuro in viso, rivolgendosi
agli alunni con il proposito di indagare, chiese loro se sapessero qualcosa al riguardo
dell'oggetto in questione. D'improvviso, calò il silenzio in aula; tutti, tenendo gli occhi
bassi, si erano ammutoliti. A quel punto, fiutando che qualcuno di loro fosse conscio
della fine fatta da quella benedetta penna, incalzò nella domanda, sintantoché il comune
sguardo non si soffermò su uno di loro, il quale, sentitosi chiamato in causa, lentamente
si alzò in piedi, paonazzo in viso come non lo era mai stato, senza peraltro alzare lo sguar-
do verso il maestro. Balbettando frasi sconnesse, parve scusarsi, pur cercando di arram-
picarsi sugli specchi, all'uopo di discolparsi quantomeno in parte. Ammise che gli era fi-
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