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IRIS VIGNOLA
nita fra le mani per puro caso.» «Sì, come no! Per caso, proprio! Che bugiardo!», sbottò,
con rabbia, la piccola interlocutrice. «Siediti, Anna; il nonno sta per giungere all'epilogo
della storia: siccome l’insegnante non era così ingenuo da pensare che l'avergliela sottrat-
ta fosse stata una svista, sgridandolo non poco, lo mandò in punizione dietro alla lavagna,
però non prima che avesse tirato fuori dal proprio
sacco il fulcro della discussione. Nonostante avesse
aspramente rimproverato il colpevole, in seguito,
presupponendo giustamente che ognuno degli alun-
ni fosse al corrente del grave atto compiuto dal
compagno, reiterò moniti generalizzati. Successiva-
mente, osservando bene la penna di Rinaldo ancora
tra le mani, si chiese che cosa avesse di tanto specia-
le, da far ammalare il suo proprietario per averla
smarrita. Mentre, in procinto di porla sulla cattedra,
rifletteva sull'enigma, si accorse del pennino rovina-
to; motivo per cui, richiamò immediatamente il la-
dro, il quale, spaventato e indubbiamente assalito dal rimorso per il misfatto commesso
che, viste le critiche condizioni di salute del proprio compagno, al momento gli appariva
in tutta la sua gravità, finalmente si decise a confessare e, inoltre, ammettendo di averla
sbadatamente fatta cadere più volte, confessò la causa della rottura del pennino. Pertanto,
consapevole che il bimbo malato mai più avrebbe potuto giovarsi della penna ampiamen-
te amata, il maestro, a titolo di risarcimento, propose un patto a tutti i componenti della
classe, il quale, se accettato, avrebbe potuto assolverli dal grave atto compiuto e, altresì,
rendere pace alle loro coscienze, le quali, dopo essersi assopite per diverso tempo, arran-
cavano sulla via del risveglio.» «Sai, nonno, ho capito che cosa vuoi dire!», lo interruppe,
Anna. «Immagino che tu abbia capito: so che sei molto perspicace. Sto per terminare:
quindi, come dicevo, prospettò loro un accordo che avrebbe decretato l’abolizione del
torto comune, nonché il susseguente ravvedimento, ossia l'accettazione tesa a indire una
colletta, per mezzo della quale si sarebbero avvalsi della possibilità di acquistare un pen-
nino nuovo, per la penna di Rinaldo. A tale proposta, i visi degli scolari si illuminarono,
sia immaginando il compagno guarito, con la sua penna in mano, dotata del pennino
nuovo di pacca, sia per il perdono concesso. E, detto fatto, dopo aver riconosciuto la
gravosa colpa davanti ai propri genitori ed essersi fatti consegnare un gruzzoletto, raci-
molarono una lauta somma, con cui, assieme al loro docente, si recarono nell’unica gio-
ielleria del borgo, portandosi addietro la famosa penna, alla cui estremità fecero inserire
un pennino d’oro. Successivamente, camminando in fila indiana alle spalle di costui, at-
traversarono il bosco spronati dall'intenzione di raggiungere l'abitazione del bambino,
felici come non lo erano mai stati nella loro pur esigua esistenza, in quanto certi di anda-
re a compiere una buona azione. Difatti, Rinaldo, nel frattempo disteso sul letto, avvertì
un gran vociare; però, dato che nulla e nessuno ormai contava per lui, assolutamente solo,
senza la sua cara penna, non si smosse dalla propria statica postura. Percepiva di aver
perso sogni e desideri, insieme a essa, svaniti da quel luogo appropriato a farli sostare per
lungo tempo, dal momento che non avrebbe più potuto trascriverli sopra fogli candidi,
affinché potessero rimanere impressi a guisa di ricordi, se, allorquando sarebbe stato
grande, non fosse stato in grado di realizzarli. All'inverso visibilmente euforica, la sua
mamma spalancò la porta della stanza, onde esortarlo ad alzarsi; e, al suo rifiuto, glielo
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periodico mensile del gruppo NOI