Page 69 - RIVISTA NOVEMBRE 2024
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-Ventisettemila carezze calde.
               -Centoventi sogni fatti in cui lui mi ripeteva “ti amo.”

               -Cento lettere d’amore scritte di notte.

               -Mille chiamate partite dal mio numero verso il suo.
               -Miliardi di molecole di sudore impinto tra la mia pelle e la sua.

               -Settecento tisane preparate ai frutti di bosco con biscotti integrali.



               La dottoressa M. guardando Eliana sempre più consapevole dell’incredibile e struggente

               bellezza dell’elenco preciso e dettagliato di un amore immenso, trasformato in un bizzarro

               inventario come quello di una casa messa in vendita, la interruppe con tenerezza materna.
               “Eliana, che ne farà di questa valigia di cartone?”

               “Deciderò durante questo nostro ultimo incontro- disse- perché questo elenco folle di un

               amore altrettanto folle non racconta niente altro che la donna che sono. Anzi, racconta
               esattamente tutto l’amore che sono capace di dare ed essere. E sa, lo devo a lei, dottoressa, se

               ad un certo punto, l’ho capito. A fine percorso, per carità, ma l’ho capito. Ognuno di noi ha

               una valigia di cartone, quando finisce un amore. Gli altri non la vedono ma noi ce la portiamo

               appresso. All’inizio crediamo sia piena di errori, disastri, fallimenti, disperazione, soprattutto
               se come nel mio caso abbiamo avuto la sorte di innamorarci perdutamente di un narcisista

               che ci massacra. Per questo sono venuta da lei. Non soltanto per superare quell’orribile senso

               di colpa d’essere sopravvissuta ai miei. Io venni da lei, per superare la ferita del non amore.

               Quel vuoto che ti prende allo stomaco, quel buco nero che ti trascina in basso perché per
               quanto amore tu dia non è e non sarà mai abbastanza. E più ami con devozione, fedeltà,

               presenza costante, cura, totale abnegazione più ti senti svuotata e mai bastevole. Potresti fare

               la qualsiasi, dare la qualsiasi, amare senza mai tregua ma ti senti sempre inadeguata, mai
               in equilibrio, mai pienamente in pace, sempre terribilmente sbagliata, eccessiva, sbilanciata

               in un domani che esiste solo per te.  Io venni con il cuore massacrato, sventrato, trivellato

               dai colpi del non amore. Venni vestita a lutto. Un lutto devastante pari alla morte dei mei
               genitori. Nel mio viso vi erano solchi profondi, la mia voce disperatamente affranta. Le mie

               lacrime rintuzzate dentro per orgoglio e incapacità di viverle. Giunsi qui da lei, incredula che

               l’amore possa diventare un inferno. Non sapevo, non potevo sapere che certe anime siano
               dei grandi predatori incapaci di qualsiasi autentica reciprocità. E che il sogno di quell’amore

               che chiamavo la promessa del paradiso fosse stato solo mio. Avevo creduto fosse un amore

               condiviso, un amore immenso, la mia Itaca, il mio approdo, la mia grazia, la mia salvezza
               e alla fine invece più davo più mi svuotavo, smarrivo, sperdevo, naufragavo, morivo in una

               gioia fittizia fatta solo del mio immenso bisogno d’ amare senza limiti, misure, argini, confini.

               Ora ecco, per anni mi sono sentita sempre fuori posto. La donna che non è riuscita a meritare

               l’amore che desiderava più al mondo. La donna che forse l’amore non lo meritava affatto. La
               donna che doveva accontentarsi di briciole strappate con le unghie e con i denti. La donna

               che pretendeva un amore che nella realtà concreta non esisteva. Ora, a conclusione di questo

               percorso ho raggiunto la profonda consapevolezza che non è così. Per cui ho deciso di mettere

               dentro questa valigia, l’amore di cui sono capace e guardarlo attentamente. E in ogni gesto, in
               ogni parola, in ogni sogno, visione, carezza, bacio, cena preparata con cura, tempo dedicato

               annullando i miei bisogni e le mie necessità, in tutto questo amore infinito e profondo, adesso

               sono in grado di vedere chi sono io.  Finalmente vedo non l’amore negato, rifiutato, respinto al
               mittente, svilito, mortificato, ma l’amore pulsante, autentico, vero, viscerale che ho dato e sono

               capace di provare. La valigia, quindi, non è vuota ma piena, pienissima, dottoressa. Anzi non

               ci entra nemmeno tutto l’amore del mondo che ho saputo dare. L’immagine di questa valigia
               di cartone la porterò sempre appresso, in ogni possibile altra potenziale storia. Me ne vado a

               cuore nudo ma non più bucato. Me ne vado ringraziandola per avermi permesso l’inventario

               più importante della mia vita. Me ne vado leggera e a testa alta. E dove andrò non importa,
               importa che finalmente a quasi 40 anni, io sappia chi sia. Ho ancora più desideri che ricordi.



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