Page 18 - RIVISTA LUGLIO 2024
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Repubblica Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale

               dell’Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l’incarico, come Prefetto
               della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato Democratico dalle organizzazioni

               mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile

               e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita
               dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell’odio implacabile

               e della violenza di quanti voleva combattere”.





































               Gen. di C.A. dei Carabinieri,
               Carlo Alberto Dalla Chiesa,

               in seguito, Prefetto di Palermo




















                                                Palermo, 3 settembre 1982
                                                Motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare concessa all’allora

                                                Tenente Umberto Rocca:



               “Comandante in sede vacante, di compagnia distaccata, organizzava e capeggiava reiterati,

               rischiosi servizi per individuare il luogo di detenzione del figlio di noto industriale sequestrato,

               a scopo di estorsione, in provincia limitrofa. Pervenuto, con tre suoi dipendenti, a un casolare

               isolato, e acquisita la certezza della presenza di malfattori e il sospetto di quella del rapito, dopo
               aver disposto i propri uomini in posizioni defilate, decideva di passare immediatamente all’azione

               onde sfruttare la sorpresa per impedire ai delinquenti di nuocere all’ostaggio eventualmente

               presente. Benché nell’improvvisa reazione fosse stato colpito in pieno da bomba a mano, che
               esplodendo gli asportava un braccio e lo rendeva cieco di un occhio, esortava il sottufficiale,

               accorso per recargli aiuto, a proseguire decisamente l’operazione che, dopo protratto e violento

               conflitto a fuoco, si chiudeva con l’uccisione di uno dei banditi appartenente a pericolosissima
               organizzazione  eversiva  armata e con la  liberazione  dell’ostaggio incolume. Sottoposto a

               prolungati e dolorosi interventi chirurgici, si imponeva all’ammirazione dei sanitari per stoicismo

               e per eccezionale forza morale, non cessando un istante di manifestare la preoccupazione per i
               suoi uomini rimasti feriti, nonché il rammarico che le mutilazioni subite non gli consentissero di

               servire oltre l’Arma. Fulgido esempio di elette virtù militari ed eroica purissima fede”.

               Arzello di Melazzo (Alessandria 5 giugno 1975)

                                                                                                                           Loredana Abatini



                18   periodico mensile del gruppo NOIQUI
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