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RIVISTA NOIQUI MAGGIO 2025 https://www.youtube.com/@noiqui/featured
progresso è malato e l’equilibrio cosmico spezzato in miliardi frantumi.
Così come "La Terra Desolata" (The Waste Land), pubblicato da T.S. Eliot nel
1922, una delle opere più emblematiche della poesia modernista, la quale riflette
la crisi spirituale, culturale e morale dell'Occidente dopo la Prima Guerra Mon-
diale, anche Krosi, con la sua particolare penna, rappresenta un mondo fram-
mentato, sterile e privo del senso di umanità. Strutturato ciò in diverse strofe,
verseggiando, la poetessa versa mitologia, religione, storia e letteratura, in un
mosaico complesso e disarticolato, un testo difficile questo, quanto facile, il qua-
le richiede un'interpretazione molto attiva nel riflesso della disillusione contem-
poranea. Eppure, in mezzo a tutta questa aridità, Krosi fa si che la luna fiorisca
come i “fiorini di limoni”, delicatezza questa, della vita che si oppone all'oscuro.
2. La seconda strofa è un affresco visionario, in cui l'autrice unisce le allegorie
di mitologia assieme con quelle contemporanee, per disegnare una riflessione
profonda non solo individuale ma anche sulla nostra propria sorte.
Nell primo verso “mi sveglio dall'ombra del cactus” , Krosi introduce un’atmo-
sfera deserta e solitaria, che si espande in un mondo popolato in generazione -
cigni che “impollinano l’acqua”, una fusione questa di grazia e fertilità.
Il globo che “abortisce immigrati” non è solo una denuncia potente del fallimen-
to dell’umanità nel gestire la migrazione, trasformando la vita in sudiciume, ma
è anche l'accostamento di popoli e razze, nella loro complessità e sofferenza, i
quali cercano rifugio nelle margini vergini - (mondo pulito che tutti noi deside-
riamo).
Gli indiani d’America richiamano un passato spirituale svanito, così come la
loro connessione originaria con la natura e il mistero, oggi soffocata, "negata e
offesa" dalla modernità.
Le foreste soleggiate, i cavalli, le aquile, che Krosi li dipinge nel tabloid di questo
meraviglioso poema è una maestà antica, mentre il “sillabare l’alfabeto”, si tra-
sforma nella metafora della scrittura del destino del mondo, della propria terra
e della poetessa stessa.
Con il suo eccezionale pathos e l'introspezione particolarmente unica, Krosi ci
riporta la memoria storica del popolo straordinario degli tribù pellerossa.
3. Nella terza strofa, il lettore si congiunge con l'autrice in un viaggio nel cuore
di New York, attraverso lo sguardo della sua anima errante, che cerca sé stessa
tra le macerie dei sogni americani. I versi fondono figure urbani e simboli mitici
in un flusso onirico che ricorda la poesia beat (genero poetico nato negli USA
attorno agli anni '50).
Il linguaggio di Krosi è diretto e a volte esplicito, proprio come "America" di
Ginsberg,
(con due dollari e ventisette centesimi 17 Gennaio 1956), Emi Krosi invece si
trova sulle strade polverose, teschi sui marciapiedi e pioppi che tribolano (feb-
braio, 2000).
La Statua della Libertà diventa il pensiero ambiguo della libertà e del peccato,
l'era moderna in cui le donne di oggi vivono in paesi prosperi com'è l'America.
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